Come forse saprete, il sottoscritto è nato e vive (quando non si trova a Siena) nella città di Grosseto. Ebbene, l’amministrazione comunale locale ha recentemente emanato un’ordinanza che mira a proibire il transito delle biciclette nel corso della città, decisione che ha immediatamente sollevato una moltitudine di polemiche trasversali. Essendo ancora profondamente legato al territorio nel quale sono cresciuto (Giosuè Carducci docet), colgo l’occasione per pubblicare questa lettera aperta/appello, basata su considerazioni più ampie del mero dato normativo (è vero, mi occupo di diritto internazionale, ma non posso ignorare un tema sociologico, quello della perdita del concetto di comunità, che dovrebbe coinvolgere tutti), che ho anche provveduto ad inviare ad alcune testate giornalistiche della zona, per chiedere un ripensamento alla giunta guidata dal Sindaco Emilio Bonifazi. Spero che vogliate farla vostra, qualora ne condividiate il contenuto.
Egr. Sig. Sindaco Bonifazi, Egr. Amministrazione Comunale,
da cittadino di Grosseto fin dalla nascita (al momento in trasferta per motivi di studio presso l’Università degli Studi di Siena) non posso che rammaricarmi per essere venuto a conoscenza dell’ordinanza con cui ci si propone di vietare il transito delle biciclette nel corso della nostra città.
Leggendo ed ascoltando le prese di posizione di altri miei concittadini sull’argomento, non si può non notare come questa decisione venga avvertita nell’ambito di un contesto più ampio, rappresentato da un diffuso e generalizzato scoramento (indubbiamente legato anche alla difficile situazione economica) nei confronti di quella che per molti è una parabola discendente del decoro urbano e della stessa vivibilità del territorio comunale, con particolare riguardo al suo centro storico. Ebbene, facendo le dovute distinzioni tra prese di posizione ragionate e filippiche sconclusionate (dettate però anche qui, mi duole dirlo, dalle difficoltà contingenti), mi sembra di poter dire che legare l’ordinanza di cui si discute alle condizioni della città sia tutt’altro che fuorviante.
Infatti, laddove molti ormai si scagliano contro il degrado del centro storico di Grosseto e le sacche di delinquenza che ne scoraggiano la fruibilità, ritengo che non serva farne tanto una questione di razzismo, che pure in alcuni interventi, specie sui social networks, traspare in modo disarmante, oppure denunciare un clima da caccia alle streghe, di accuse tout court all’amministrazione comunale; mi sembra invece che si debba guardare in maniera scevra da aprioristiche prese di posizione alla situazione del centro stesso, nell’ambito della quale sicuramente rientra la nuova ordinanza.
Ora, io non credo che il 90% dei cittadini che si lamentano per le condizioni succitate lo facciano perché sono razzisti (semmai, io vedo il rischio inverso di fomentare certi sentimenti ‘reazionari’ con politiche sbagliate), ma piuttosto perché avvertono il modificarsi (in peggio) dell’agibilità di un fulcro importante della vita cittadina, che sta diventando sempre meno ‘sociale’. Non contenti di creare periferie che sono dei veri e propri ‘non luoghi’, seguendo le linee direttrici di uno sviluppo urbanistico senza volto, insensibile alle storie ed alle persone, che ben conosciamo (e che purtroppo tocca Grosseto in maniera drammatica), si rischia di far diventare lo stesso centro storico un ‘non luogo’, e forse il più triste, dato che esattamente opposta dovrebbe essere la sua intrinseca funzione.
Come insegna il grande urbanista Alberto Magnaghi (del quale consiglio la lettura), per ricreare vivibilità, sentimenti di condivisione e di cooperazione, benessere (inteso qui non come ricchezza, bensì nella sua accezione etimologica originaria) in una società sempre più frammentata ed indifferente occorre ripristinare un senso di comunità, e portare avanti politiche che siano inclusive e NON esclusive; occorre ripristinare i legami sociali e culturali che rendono una città una collettività di persone (non importa se di origine italiana o meno) e non una somma di individui; occorre, insomma ripristinare anche il centro come ‘luogo’, e non come ‘non luogo’, per ricreare quello spazio pubblico che, scomparendo, dissolve anche la dimensione civile che una volta ospitava.
In un simile contesto, non vedo quale utilità possa avere un divieto di transito per biciclette (piccola cosa, si potrebbe dire, ma in realtà di implicazioni molto più ampie), che anzi mi pare vada esattamente nell’ottica di uno svuotamento, di un impoverimento della fruibilità dei nostri spazi: come hanno felicemente sottolineato altri prima di me, coloro che gestiscono male la propria libertà non lo fanno solo in bicicletta, ma anche in automobile, portando fuori il cane, camminando; perciò una tale imposizione non risolve alcun problema, ed anzi continua ad andare nella direzione di un isolamento, di una ‘esclusione’ del cittadino che nulla ha a che fare con la sicurezza e molto ha a che fare con l’acuire la percezione di una comunità che si va disgregando.
Più in generale, mi azzardo a sostenere che per affrontare lo scadimento culturale ed anche estetico del nucleo della città di Grosseto non servono solamente iniziative ed eventi, di cui da più parti si lamenta la mancanza, e di certo non bastano neppure i comunque necessari investimenti su strutture e decoro urbano (che, peraltro, sappiamo bene essere difficili in questa fase): in primo luogo, infatti, abbiamo bisogno di chi quel nucleo vuole (ed ha il diritto a) viverlo civilmente, ovvero i suoi abitanti. Favorire la riappropriazione del loro (nostro) diritto ad essere attori, soggetti all’interno della cittadinanza non significa, lo ripeto, mettere a rischio l’incolumità dei passanti, ma vuol dire invece evitare la dispersione di esperienze di condivisione e la creazione di inutili e controproducenti risentimenti reciproci.
Solo così nasce la democrazia e si favorisce il rispetto delle regole, rispetto che è di importanza così vitale in un periodo di crisi profonda del nostro paese.
Per riprendere il già citato Alberto Magnaghi (nel suo saggio ‘Il Progetto Locale’), tornare ad una concezione di ‘municipalismo’, di partecipazione, significa infatti “ricostruire coesione sociale e solidarietà fra individui, famiglie, comunità, culture disintegrate da decenni di mercificazioni […], costituisce un ritorno alla corresponsabilità degli abitanti verso i luoghi e i propri simili”. Grosseto, per le sue dimensioni e per la sua storia, potrebbe essere sede ideale di una simile politica di inclusione. Però si deve volerlo.
Per concludere questo lungo (e spero utile) contributo, mi auguro sinceramente che ci ripensiate, ed allo stesso tempo mi auguro che ci siano i margini per un’adesione dei miei concittadini a questo appello a Voi rivolto.
Darrel Cox save the world..!!
Smettila con i nickname à-la Iron Man. Massimo Banchi è troppo difficile? :-D
Bellissima analisi. Condivido.
Ti ringrazio Giampaolo.
Ottima analis. condivido e mi associo nel chiedere un ripensamento della giunta comunale acchè sia consentito circolare on bici nel centro storico
Ti ringrazio Roberto per le belle parole.